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ASC NEWS

12/07/2017
Paese Poesia luglio 2017 - Belvedere Ostrense

Il maestro Carlo Iacomucci, recentemente, ha partecipato, in qualità di ospite, alla decima edizione del premio di poesia dedicato a "Biagino Casci" a Belvedere Ostrense, per aver illustrato, con una sua opera, la copertina del librocatalogo dove sono riportate le poesie dei premiati, l'invito cartaceo e il manifesto.
Per l'occasione, l’artista ha donato due sue opere incise, che sono state consegnate, come premio, ai finalisti del concorso. In segno di riconoscenza, sono state dedicate all’'artista Iacomucci sei pagine all'interno del librocatalogo "PaesePoesia 2017", contestualmente ad un breve testo critico della dott.ssa Patrizia Minnozzi (laureata in giurisprudenza, vive a Macerata. Ama l'arte, la fotografia,e la tecnologia).

L'incisore Carlo Iacomucci nasce nel 1949 a Urbino, città in cui, con serietà e costanza, ha potuto avvicinarsi, per gradi e per avvio naturale, alla grande tradizione della scuola urbinate, che porta avanti da circa 40 anni. Nella sua città natale, riceve la prima formazione artistica presso l’Istituto Statale d’'Arte, meglio noto come Scuola del Libro. Tra il 1969 e il 1970 vive a Roma, dove frequenta stamperie d’arte, studi e ambienti artistici, maturando la passione per l’'incisione e, in modo particolare, per l’'acquaforte. Si iscrive quindi al Corso Internazionale della Tecnica dell’'Incisione Calcografica che si tiene sempre ad Urbino.
La necessità di approfondire, lo stimola poi a frequentare, per soli due anni, la sezione di pittura dell’'Accademia di Belle Arti della stessa città. Nel 1973 inizia la sua esperienza didattica, che prosegue fino al 2008: insegna Discipline Pittoriche all’'Accademia di Belle Arte di Lecce, poi al Liceo Artistico Statale di Varese ed infine all’'Istituto Statale d’'Arte di Macerata, dove vive ed opera. Dal 1972 ha partecipato a numerose collettive e personali sia in Italia che all'estero, realizzando anche edizioni d'arte con acqueforti. 

Immagine: Carlo iacomucci - Il giglio di San Giuseppe




22/12/2016
CIBO CARTE e ARTE - Mostra di Artisti Contemporanei dalla collezione di ASC Arte Sacra Contemporanea

Domenica 8 gennaio 2017
Ristorante Il Clandestino
Via Rosmini 5
Stresa VB - Italia

Nella splendida cornice del Verbano, presso il rinomato Ristorante di pesce “Il Clandestino” dello Chef Franco Marasco, avrà luogo l’evento “CIBO CARTE e ARTE” che comprende, una mostra di opere d’arte di Artisti Contemporanei Italiani ed Internazionali della Collezione ASC Arte Sacra Contemporanea, un pranzo esclusivo a base di pesce ed il Torneo di Burraco del Lago Maggiore. In mostra opere di giovani artisti e di artisti affermati: Ilaria Forlini, Nicola Liberatore, William Xerra, Antonio Spanedda, Gabriele Di Maulo, Nina Paley, Alberto Gianfreda, Giovanni Morgese, Silvia Venuti, Federico Cozzucoli, Stefano Pizzi, Bios Vincent, Vieri Parenti, Tarshito, Debora Fella, Florine Offergelt, Enrico Del Rosso e Mauro De Carli, oltre ad un’opera grafica di Picasso. A scopo divulgativo, è disponibile una brochure dell'evento contenente tutte le informazioni sulle opere e sugli artisti e che verrà distribuita al pubblico che interverrà all’evento, per far conoscere il mondo dell’arte contemporanea e tema sacro e non 
www.associazioneculturalecreati
va.
it/processed/20161212-124957-KTIGR-NAS.pdf. L’evento si aprirà con l’inaugurazione della Mostra d’Arte e la visita guidata alle opere in esposizione, a cui seguirà il pranzo, il torneo di Burraco del Lago Maggiore ad invito riservato ai soci di ACC e la premiazione finale. Tra le opere esposte 4 verranno selezionate e assegnate, durante la premiazione, ai vincitori del Torneo. Le opere resteranno in visione al pubblico fino a lunedì 16 gennaio 2017 con orario ore 10,00-12,00 presso il Ristorante Il Clandestino di Stresa. Partner dell’iniziativa: Dal Negro, Luigi Francoli Grappe, Torraccia Del Piantavigna, Bottega della Cornice, Il Clandestino Ristorante di pesce.

Per informazioni:
info@associazioneculturalecreativa.it




25/10/2016
Un'esposizione dei maestri e dei migliori allievi dell'Accademia di Brera all'University of Art and Design di Joshibi, Tokio

Tra il 3 e il 18 di novembre p.v. nell’ambito delle celebrazioni per il 150° Anniversario delle Relazioni tra il Giappone e l’Italia una delegazione dell’Accademia di Belle Arti di Brera composta dal Direttore prof. Franco Marrocco, dal Responsabile per le Relazioni Esterne prof. Stefano Pizzi e da due allievi della Scuola di Pittura, Francesca Vitali e Simone Parise, si recherà a Tokio presso l’University of Art and Design.

La missione, organizzata dai proff. Stefano Pizzi e Tetsuro Shimizu prevede i seguenti principali appuntamenti:

- L’inaugurazione dell’esposizione “Opere dei Maestri di Brera e dei loro migliori allievi”:
- Franco MARROCCO
- Italo BRESSAN – Barbara Canali
- Roberto CASIRAGHI – Flavia Albu
- Giorgio CATTANI – Maria Castagna
- Italo CHIODI – Alice Fiorelli
- Marco CINGOLANI – Pietro Andrico
- Angelo Antonio FALMI – Gabriele Quarta
- Ignazio GADALETA – Saeed Naderi
- Renato GALBUSERA – Francesca Vitali Boldini
- Omar GALLIANI – Carolina Corno
- Gaetano GRILLO – Wang Hao
- Giordano MONTORSI – Lara Ilaria Braconi
- Stefano PIZZI – Simone Parise
- Simona UBERTO – Erika Costa
- Dany VESCOVI – Letizia Prestipino

- La partecipazione ai work-shop di produzione tradizionale giapponese della carta e dei pigmenti.
- La tenuta di conferenze sull’Alta Formazione Artistica in Italia e a Brera a cura del Direttore prof. Marrocco e del prof. Pizzi.
- La tenuta di una conferenza sulla propria ricerca e di un workshop del prof. Pizzi, coadiuvato dagli allievi Parise e Vitali ed alcuni allievi di Pittura di Joshibi, nell’ambito del quale realizzerà un’opera che verrà donata alla quadreria dell’Università.
Nel mese di gennaio del 2017 una delegazione dell’University of Art and Design di Joshibi sarà ospite dell’Accademia di Brera con un analogo programma.
L’Accademia di Belle Arti di Brera e l’University of Art and Design di Joshibi hanno firmato nel corso del 2016 un accordo bilaterale che prevede, oltre agli scambi culturali, la possibilità per gli studenti di entrambi gli atenei di frequentare i corsi dell’istituzione partner.




13/09/2016
La chiesa di Santa Croce in Padova Presentazione della guida

Dopo alcuni anni dalla pubblicazione della guida del Torresino, esce il secondo numero della collana I luoghi dell'arte e della fede, dedicato alla chiesa di Santa Croce in Padova.

La chiesa di Santa Croce in Padova
a cura del Museo Diocesano di Padova
testi di Patrizia Dal Zotto

La guida sarà presentata al pubblico giovedì 15 settembre, ore 21.00, presso la Sala del Redentore in Corso Vittorio Emanuele II, 174, in occasione della Festa della Comunità della parrocchia di Santa Croce.

Interverranno
Andrea Nante
Carlo Cavalli
Patrizia Dal Zotto

L'ingresso è libero.

Il Museo è aperto con in seguenti orari:
da giovedì a sabato 15.00-18.00
domenica 10.30-13.00; 15.00-18.00

 




14/06/2016
IOTIAMO Capsula del Tempo di Antonio Spanedda

Il progetto artistico IOTIAMO dell'artista novarese Antonio Spanedda si arricchisce della CAPSULA DEL TEMPO concepita come un’opera d’arte per viaggiare nel futuro. In questa declinazione tecnologica e creativa del progetto d'arte contemporanea IOTIAMO i giovani sono inventori del proprio futuro, attori protagonisti, futuri spettatori e portatori di emozioni positive per cambiare il mondo.
E’ già stato provato che i viaggi nel futuro sono potenzialmente possibili. Le basi concettuali dei viaggi nel tempo affondano le proprie radici nella teoria, ben verificata, della Relatività Generale di Einstein, di cui a breve ricorre il centenario. Un filo conduttore che unisce lo studio di un possibile viaggio nel tempo nel macrocosmo e microcosmo sono proprio le CTC, ovvero quei percorsi temporali chiusi che connettono il passato e il futuro in modo circolare, consentendo una violazione della cronologia, ma pur preservando il principio di causalità. 
Per Spanedda IOTIAMO Capsula del Tempo è un esperimento artistico, e riguarda un tipo di viaggio nel tempo molto diverso da quello previsto dalla relatività generale e dalla meccanica quantistica. In questo progetto possono partecipare tutti coloro che desiderano viaggiare nel futuro attraverso un'opera d'arte, diventando attori protagonisti oltre che futuri spettatori. A differenza delle capsule del tempo che solitamente sono sotterrate, IOTIAMO 2045 Capsula del Tempo è un'opera visiva, da esporre nella scuola, in un'abitazione, in un museo.
Il primo "viaggio nel tempo" è stato fatto con i bambini della Scuola Primaria dell’Istituto Maria Ausiliatrice di Novara il 20 novembre 2015. I bambini hanno partecipato con entusiasmo al primo Happening della Capsula del Tempo, ed hanno registrato i loro video messaggi per il futuro.
Grazie a questo progetto l'artista ha incontrato molti giovani ed ha scoperto che moltissimi di loro credono ancora nell’amore, nell’amore per la vita, per i genitori, per gli amici. Sono più attenti alle persone, alle diversità, all’ambiente ed essendo capaci di inventare nuovi linguaggi, sono molto creativi. 
Essi sono la prima generazione globale, con valori e modi di pensare convergenti, e per questo motivo hanno bisogno di un riconoscimento sociale.
"IOTIAMO 2045 Capsula del Tempo" con una cerimonia ufficiale il 21 maggio 2016 è stata consegnata all'Istituto Maria Ausiliatrice di Novara che avrà il compito di custodirla fino a quando verrà riaperta il 24 ottobre 2045.
La capsula è stata registrata al Collegio Oglethorpe The International Time Capsule Society ad Atlanta U.S.A. 

Al fine di raccogliere fondi per portare questo progetto ad altri bambini in altre scuole italiane è stato attivato un crowdfunding su www.eppela.com. Per ogni donazione sono previste delle ricompense.

Saper ascoltare e valorizzare il mondo giovanile è un dovere primario di tutta la società.




24/03/2016
L’arte del fare GIANNINO CASTIGLIONI Scultore

Giovedì 31 marzo alle ore 18 alla Biblioteca Ambrosiana (Piazza Pio XI, 2 Sala delle Accademie) verrà presentato il volume  L’arte del fare GIANNINO CASTIGLIONI Scultore (Skira editore). Il bellissimo libro è il risultato delle recenti ricerche rivolte alla rivalutazione dell’attività di Giannino Castiglioni (Milano 1884 – Lierna 1971), uno tra i più importanti pittori, incisori e scultori del Novecento italiano. L’opera, curata da Eugenio Guglielmi, attraverso testimonianze dirette e studi monografici di giovani e accreditati studiosi, nonché inediti materiali d’archivio, mette in evidenza la formazione dell’artista e il suo rapporto con l’ambiente milanese nel clima culturale a cavallo tra il tardo simbolismo ottocentesco e il nascente Liberty. Particolare attenzione viene data alla formazione di Castiglioni presso l’Accademia di Brera e alle opere che lo resero celebre, tra cui ricordiamo quelle presenti al Cimitero Monumentale, i Sacrari dedicati ai Caduti della Prima Guerra Mondiale e la Porta del Duomo di Milano. Un capitolo riguarda, infine, lo studio dei 350 gessi conservati presso il Comune di Lierna, dono degli eredi, nell’ottica della creazione di una Gipsoteca da inserire nei percorsi provinciali e regionali lombardi.

INGRESSO LIBERO 


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24/03/2016
PASQUA E PASQUETTA APERTI TUTTI I GRANDI MUSEI STATALI

In occasione delle prossime festività di Pasqua e del Lunedì dell’Angelo i musei, le aree archeologiche e i luoghi della cultura statali resteranno aperti. Domenica 27 e lunedì 28 marzo i grandi musei statali rimarranno aperti, rispettando il normale piano tariffario. Una apertura straordinaria in tutta Italia dagli Scavi di Pompei alla Pinacoteca Brera, dal Castello di Miramare di Trieste al Museo Nazionale Archeologico di Napoli, da Paestum agli Uffizi, dal Foro Romano e Palatino al Cenacolo Vinciano, dalla Reggia di Caserta al Colosseo, dalla Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma ai Musei Reali di Torino, dal Museo d’Arte Orientale di Venezia a Castel Sant’Angelo, dal Museo Egizio al Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria.

Per informazioni:
http://www.beniculturali.it/
mibac/export/MiBAC/sito-MiBAC/Contenuti
/MibacUnif/
Comunicati/visualizza_
asset.html_1151786380.html

 




27/02/2016
La Misericordia Spettacolo teatrale di e con Lucilla Giagnoni

Lunedì 29 Febbraio 2016, h 21:00
Chiesa di San Graziano
Arona (NO), Italia

"Beati i Misericordiosi, perché riceveranno Misericordia"

A partire dalla Misericordia come virtù della reciprocità, l'interpretazione di Lucilla Gianoni ci guiderà in un percorso antropologico e spirituale: la beatitudine evangelica della Misericordia si erge a virtù morale e condivisa del vivere civile. La rappresentazione dell'incontro tra fede e dimensione civica nella vita di comunità prende forma sullo sfondo del Duomo e del Palazzo della Ragione, luogo d'intreccio tra l'autorità religiosa e il potere civile, per celebrare un valore condiviso, quello di Misericordia appunto, le cui radici affondano nella storia antica. A cura di: Vicariato dell’Aronese; Parrocchia di Arona; Associazione Partecipazione e Solidarietà.




25/02/2016
L’ENERGIA DEL FEMMINILE NEL BUDDHISMO TIBETANO

SABATO 5 MARZO 2016 - dalle ore 11 alle ore 13 e dalle ore 14 alle ore 16
CELSO - ISTITUTO DI STUDI ORIENTALI
Dipartimento Studi Asiatici
Archivio Arti Contemporanee
BSA Biblioteca di Studi Asiatici
Galleria Mazzini 7 – 16121 Genova - Italy

Il seminario "L'Energia del Femminile nel Buddhismo Tibetano" che si terrà sabato 5 marzo nelle fasce orarie 11-13 e 14-16, verterà sui temi Le forme del divino femminile, Le divinità ‘naturate di spazio’, Archetipo femminile e materno e Donne di illuminazione, e sarà a cura della Prof.ssa Carla Gianotti, tibetologa, docente di lingua e cultura tibetana, autrice di numerose pubblicazioni tra cui: "Donne di illuminazione: Dakini e demonesse”, Madri divine e maestre di Dharma" (Ubaldini),  “La vita di Milarepa” (UTET), prima versione italiana della vita di Milarepa condotta sull’originale tibetano,  “Il Grande Sigillo: la conoscenza originaria di Maha Mudra” (Mimesis), “Cenerentola nel paese delle nevi” (Utet). Il Seminario e' ad iscrizione.

Per informazioni:
tel [+39] 010586556
info@celso.org
www.celso.org




25/02/2016
Symbols

4 – 26 marzo 2016
Genova Palazzo Ducale - Fondazione per la cultura
Sala Dogana
Piazza Matteotti, 9
Genova, Italia

Inaugurazione venerdì 4 marzo, ore 18
Orario: mar-dom ore 15-20 Ingresso libero

16 incisori hanno riletto in chiave contemporanea i simboli dei monumenti funerari presenti in alcuni cimiteri monumentali europei e 10 tra musicisti e danzatori ne hanno tratto coreografie. Dopo le residenze d’artista di Avilés e di Dundee realizzate all’interno del progetto Symbols, una mostra evocativa nata dalle suggestioni dell’arte funeraria.

Per informazioni:
palazzoducale@palazzoducale.
genova.it
www.palazzoducale.genova.it



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29/01/2014
ALBERTO GIANFREDA - Scultura, Paesaggio, Architettura

Alberto Gianfreda è un giovane e agguerrito scultore che da anni, e con meritati riconoscimenti, prosegue nella sua ricerca plastica, riversando una grande attenzione ai materiali ed alla sua relazione con lo spazio, investendo tempo ed energie, risorse e impegno nella frequentazione dello studio e della pratica creativa. Una delle caratteristiche fondanti del suo lavoro è quella di unire e far dialogare nella scultura materiali diversi, strutturalmente e formalmente, quali ad esempio il ferro e il legno, o il ferro e la terracotta. Per Gianfreda si tratta di una sfida, nel senso che ogni scultura mette alla prova se stessa, per sopravviversi. Create con materiali così diversi, le sculture possono anche correre il rischio estremo di non esistere affatto: la terracotta incontrando il ferro in cottura può frantumarsi, ma può anche raggiungere l’equilibrio di una reciproca indispensabilità. Solo così la scultura può esistere. E' proprio la “comunicazione” tra i materiali scelti che si determinano, alla fine, una forma e la sua struttura: una, tra le tante possibili. L’incontro tra i materiali è una questione indipendente dal fatto formale e da quello strutturale, in quanto nelle sculture di Gianfreda la forma e la struttura sono conseguenze di una relazione tra le parti: dentro ai materiali e alle loro relazioni sono nascoste infinite forme e variabili. Spesso le sue opere dipendono dallo spazio in cui sono inserite tanto quanto lo spazio dipende dalla scultura. Lo spazio è un materiale, come la pietra, il legno o il ferro: in tutte le sue declinazioni, naturale o artificiale, esso si relaziona con gli altri materiali determinando e lasciandosi determinare: dunque, la scultura si impone con lo spazio, piuttosto che nello spazio. Nelle sue opere c'è corrispondenza che lega le esperienze e le trasformazioni subite dai materiali, pressati, compressi, tirati, e le esperienze e trasformazioni vissute dall’uomo con il proprio corpo. La scultura è per Gianfreda un modo di parlare dell’uomo e della sua materia-corpo nella contemporaneità, epoca per antonomasia dell’immateriale e del senza corpo. Chiaramente è indispensabile verificare di continuo il proprio lavoro con ciò che c’è intorno, con il tempo che corre, con le città e gli spazi che cambiano rapidamente, con la soggettività dei giudizi e con la materia che chiede di essere sgravata per muoversi sempre più rapidamente. È per rispondere a questa realtà che l'artista approfondisce i concetti di forza e di variabile quali elementi costitutivi della scultura, in nome di una indagine rivolta non solo al concetto di site specific, ma anche di tempo specifico: quello della forza in costante azione. 

TESTI CRITICI

SCULTURA, PAESAGGIO, ARCHITETTURA
di S.Bartolena

C’è qualcosa di immenso nelle opere di Alberto Gianfreda. Una grandezza interiore, che non è certo dovuta soltanto alle dimensioni spesso monumentali dei suoi lavori; un respiro profondo, un’aura arcaica (e arcana) che non smette di affascinare. Le sculture di Gianfreda oscillano tra passato e presente, quasi fossero sempre esistite, sembrano provenire da lontano, portano echi di mondi passati eppure parlano un linguaggio di stretta attualità, collocandosi a perfezione nello spazio temporale in cui le percepiamo. Ha ragione l’artista a parlare di “time specific” più che di “site specific” per i suoi lavori: questa relazione con il tempo, il tempo dell’elaborazione e il tempo dell’esposizione e della fruizione, è fondamentale.
Poeticamente Gianfreda descrive la scultura come l’ultimo risultato, quello visibile, di un cammino: come la luce delle stelle che arriva a noi dopo un lungo viaggio. Un viaggio nello spazio e nel tempo. A pensarci, del resto, le problematiche specifiche dell’arte plastica stanno proprio qui: nella sua relazione con lo spazio e con il tempo; questioni che l’artista affronta nel profondo, facendo precedere all’azione una fase strettamente progettuale, studiando la grammatica della scultura, approfondendone gli aspetti più propri e peculiari, le caratteristiche viscerali, a partire dalla materia e dalle sue possibilità espressive.
L’indagine sul materiale è sempre stata al centro della ricerca di Gianfreda: ferro, legno, carta, vetro, ceramica, terracotta… mescolati, lasciati interagire, messi in relazione in un complesso gioco di rimandi, di sorprendenti accostamenti tesi a ribaltare, o quantomeno a mandare in crisi, le consuetudini percettive. In una ricercata eterogeneità, le materie classiche dell’arte plastica dialogano con materiali contemporanei, utilizzati secondo una logica antiprocessuale, che potrebbe, a una prima lettura, far pensare tanto ai grandi maestri dell’informale quanto agli esponenti dell’Arte Povera e del Minimalismo: eredità importanti, che certo hanno contribuito alla formazione di molti scultori contemporanei. Si pensi ad esempio all’impiego del feltro, presente nell’ultima produzione di Gianfreda con opere profondamente suggestive, come Dove cade l’orizzonte, sorta di personalissimo omaggio a Lucio Fontana. Osservando la linea sinuosa del panno, il pensiero corre a Robert Morris, alle sue opere la cui forma deriva in via esclusiva dalla fisicità degli elementi, dalla maniera in cui la forza di gravità agisce sulla materia. Si pensi anche a Richard Serra, che nel suo celebre Splash Piece, scioglieva il piombo e lo faceva schizzare a terra, producendo lamine che, una volta solidificate, conservavano traccia dei gesti con cui erano state realizzate, o a Barry Le Va, che faceva cadere sul pavimento pezze di tessuto che, nella loro casualità, invitavano a confrontarsi con le mutabili condizioni della materia e della forma. “A volte”, scrive, a questo proposito, lo stesso Robert Morris nel suo Antiform, del 1968, “si sperimenta una manipolazione diretta di un materiale dato senza usare alcuno strumento. In questi casi le considerazioni sulla forza di gravità diventano importanti come quelle dello spazio. Il focalizzarsi sulla materia e sulla gravità si esplica in forme che non erano state progettate in anticipo. (…) Il caso è accettato e l’indeterminatezza è sottintesa”. Sta proprio qui la differenza sostanziale tra queste ricerche e l’opera di Gianfreda, l’elemento che rende molto difficile pensare alla scultura del giovane artista di Desio come a un semplice ripensamento sulle questioni aperte da questa generazione di artisti: la casualità. Dietro alle opere di Gianfreda si cela un complesso processo di studio, una fase progettuale lenta e laboriosa, che relega il caso a un ruolo comprimario, facendolo entrare in scena solo all’ultimo momento, come un deus ex machina che, invece che riportare l’ordine come vorrebbe la tradizione, dona all’opera la sua specificità. Ne sono prova le splendide Cassiopea, Andromeda e Cepheus, sculture nate da un unico processo di cottura della terracotta e del ferro: un procedimento che, come immaginabile, solidifica la terracotta in forme variabili e deforma il metallo con esiti in parte imprevedibili. La scultura, che è stata pensata, disegnata e progettata nel dettaglio, reclama alla fine la propria libertà, riprendendosi quell’autonomia, figlia del caso, che la rende unica: quasi una lotta tra istinto e ragione, tra l’artefice e la sua opera.
La mostra ospitata da Heart raccoglie nove gruppi scultorei di grandi dimensioni, alcuni esposti qui per la prima volta, che ben raccontano la fase attuale dello scultore. In questa nuova serie di lavori, la rigidità delle relazioni tra le parti che caratterizzavano la produzione precedente, cede il passo a forme più flessuose, meno statiche, che trovano nella dinamicità e nella cedevolezza dei materiali la propria forza espressiva. L’incontro di materiali diversi, inconfondibile firma stilistica di Gianfreda, scopre nuove ragioni di essere nell’uso del marmo, della terracotta, del legno e dei tessuti preziosi. Giocando con le regole della percezione, il marmo diventa stoffa, il ferro si adagia morbidamente, plasmando nuove forme, e il feltro si fa segno grafico, invadendo lo spazio. Sono sculture – sculture, si badi bene, non installazioni, perché Gianfreda è scultore puro, nel senso più profondo e più tradizionale del termine – tanto presenti e radicate nell’attualità, quanto classiche e assolute, quasi eterne, pronte a citare la dinamicità e la ricchezza di un panneggio barocco per poi tornare subito all’essenzialità di tanta plastica contemporanea.
Dopo aver lungamente riflettuto sulla scultura e sulle sue ragioni, Gianfreda sembra voler ora intraprendere l’esperienza della narrazione, recuperare un’idea di racconto, addirittura, seppur timidamente, avventurarsi in un piano autobiografico. Il suo dialogo con la materia assume, dunque, nuove ragioni, facendosi racconto. Racconto di un mondo senza confini, dagli ampi orizzonti, che gioca con le proporzioni (una costellazione catturata in un oggetto, una veste portata su un piano monumentale…) e che invita a ragionare su un nuovo tipo di paesaggio: un paesaggio al contempo naturale, architettonico, umano. 

PRESENZE INGOMBRANTI 2
di M.Galbiati

La scultura di Alberto Gianfreda mantiene sempre vigile l’attenzione sulla soglia della levità e fatica in una sfida e uno sforzo per muoversi in condizioni di equilibri precari e fragili. Leggerezza e mutazione, movimento ed incastri sono mezzi criptati in materiali semplici, spesso volutamente lasciati grezzi, che nella loro integrità di essenza, aprono relazioni possibili di senso gli uni accanto agli altri. La semplicità aparente dell’opera scultorea di Gianfreda rende possibile, proprio per questa immediatezza riconoscibile della sostanza, di accedere ad un’analisi più concentrata sull’evoluzione della materia nelle forme concepite dall’artista. Guida l’opera al suo stesso senso.
 

ALBERTO GIANFREDA: LE RELAZIONI PERICOLOSE
di Chiara Gatti

So che Alberto Gianfreda non ama le dietrologie. A lui interessa la scultura e basta. La forma della scultura. I materiali della scultura. Lo spazio della scultura. I tempi della scultura. Nelle sue opere non ci sono storie fantasiose da raccontare né significati reconditi da andare a scovare per giustificare un determinato passaggio, un’espressione, un esito, un processo. Lo so bene. Ma guardando i suoi giganti di ferro e legno dall’anima mobile, non trovo immagine migliore per illustrarne il senso di quella della relazione amorosa fra Marcel Proust e l’ineffabile Albertine.
«La vedevo, nei vari anni della mia vita, occupare rispetto a me posizioni diverse che mi rendevano sensibile la bellezza degli spazi interposti, del lungo tempo trascorso senza ch’io la vedessi, e sulla cui diafana profondità la rosea persona che mi stava davanti si modellava con ombre misteriose e con un potente rilievo». La concezione relativistica e dinamica del tempo e dello spazio elaborata dallo scrittore francese, secondo la quale tutto cambia in base alla posizione del soggetto rispetto alle cose che ha davanti, svela infatti un punto di vista cangiante che funziona a meraviglia anche per le opere di Gianfreda, così variabili e mutevoli in confronto alla prospettiva statica della scultura in senso tradizionale. È lui stesso a sottolinearne questa caratteristica quando parla di «mobilità della scultura come sua possibilità interna, come azione delle forze in atto nell’incontro fra materiali diversi». Niente a che vedere con un gioco cinetico, intendiamoci. Non c’è nulla di artificioso nei lavori di Gianfreda. Nessun meccanismo nascosto, leva d’accensione o soffio di vento che possa generare un movimento qualunque. Il moto sta tutto dentro. Come nel cuore di Albertine, imprevedibile ed enigmatica, bella come una divinità classica fuori, ma tormentata da un concentrato di tensioni nel petto, da un groppo di emozioni inesplose, attorno alle quali Proust rantola in cerca di un bandolo, di una chiave di lettura, della posizione ideale in cui porsi per stabilire un contatto, innescare finalmente una relazione.
E risiede proprio in questo dialogo serrato fra le due parti, fra opera e spettatore, la contemporaneità della scultura di Gianfreda, che si direbbe erede attuale di una catena di ricerca inaugurata da Rodin, con le sue superfici tormentate dalle pressioni di forze interiori, e raccolta poi da autori come Morris o Serra con le loro immagini «ossessionate – a detta di Rosalind Krauss – dall’idea di passaggio» capaci di traghettare la scultura dalla sua dimensione di medium statico, appunto, verso una nuova dimensione spaziale e soprattutto temporale. La stessa che Gianfreda ha definito non a caso «time-specific», pensando sì al luogo dove l’opera si manifesta, ma prevalentemente al tempo, alla durata della sua apparizione. Ed eccola ancora qui la “rosea persona” di Albertine aumentare il proprio fascino in modo proporzionale al protrarsi delle sue assenze. La scultura di Gianfreda allo stesso modo compare in un istante preciso, si srotola nello spazio, si modella (duttile) sulle superfici, fra gli elementi della natura o dell’architettura che l’accolgono come un’altra pelle e che si lasciano modificare dal concentrato di potenza che essa irradia; un rapporto fugace, inafferrabile in grado di determinare una profonda reciprocità fra l’opera e il suo organismo ospite e, altresì, con il pubblico che si ritrova coinvolto in questo triangolo amoroso, impaziente a sua volta di toccare, attraversare, aderire al corpo della scultura per diventarne – per un momento soltanto – parte integrante.
Avevo promesso niente dietrologie. Ma il concetto della forma aperta e volubile sperimentata da Gianfreda stuzzica riflessioni in un certo senso più narrative e un’indagine sul ruolo di tutti gli attanti chiamati a rapportarsi con il suo lavoro. A partire dall’incontro con i materiali originari della scultura: dal legno, al metallo, alla terra, di fronte ai quali lo spettatore sembra assumere lo sguardo avido di Proust al cospetto delle “ombre misteriose” e del “potente rilievo” di Albertine. Ha la tentazione di allungare le mani sulle carni rosee dell’argilla che, nella serie delle terrecotte compresse, scivolano sensuali fuori delle griglie del loro abito di ferro. C’è qualcosa di passionale in tutto questo. Una passione tradita dai meccanismi stessi di realizzazione del pezzo, dove Gianfreda azzarda un’unica cottura spingendo i materiali verso un momento di fusione comune che, a mille gradi, rischia di sbriciolare la terra e spaccare il metallo, entrambi liquidi, magmatici e, per un attimo, fusi insieme come due corpi in uno, prima di tornare elementi distinti ma oramai indispensabili l’uno all’altra. Difficile immaginarsi la scena senza cedere alla seduzione di leggervi la metafora di un abbraccio umano. C’è pure qualcosa di erotico, viene da dire. «Molto» dice lui (e sorride). Ma, anche in questo caso, so che le metafore gli interessano poco.
«È un discorso sulla scultura» tiene infatti subito a precisare. Un discorso sul linguaggio della scultura. Lo capisci dal piacere che prova nel portare i materiali a un punto di non ritorno. Si capisce dall’attesa che permea i suoi processi di creazione. Dall’intervallo di tempo – per tornare alla variabile fondamentale nell’opera di Gianfreda – che intercorre fra il suo intervento diretto sulla materia e l’autonomia che essa manifesta nel processo di formazione successivo. Vale nel caso delle terrecotte spremute dal ferro come fossero bigné; ma anche nel caso delle stole di legno che necessitano di un’architettura per muoversi e distribuirsi armonicamente nello spazio. Gianfreda dà loro una ragione d’essere, un indirizzo, una griglia dentro cui muoversi, ma poi le lascia libere di esprimersi.
In questo senso si può dire che, nella sua ricerca, convivano due anime distinte: una progettuale, che disegna le forme, i nessi, i leganti, i pesi e le misure; e un’anima informale, che invece concede alle tensioni interne di agire indipendentemente da ogni programma precostituito. La variabile del caso, esattamente come quella del tempo, è proporzionale al fascino del risultato finale. E la casualità è dovuta proprio a quel dinamismo interno, all’anima mobile e imprevedibile della sua personale Albertine che si divincola dentro l’elemento ordinatore del ferro. La terra lì trabocca, così come le aste di abete fluttuano, scivolano le une sulle altre, fra gli anelli di metallo delle sue strutture “poliforme” creando, a ogni passaggio, nuove geometrie, nuove architetture dentro l’architettura stessa che le accoglie.
Già, l’architettura. In questo gioco di relazioni vicendevoli (e anche un po’ pericolose a giudicare dalla concentrazione dell’energia trattenuta), l’elemento architettonico diviene, a sua volta, attore e regista delle famose prospettive cangianti. È la superficie, l’ospite, il giaciglio su cui la scultura s’adagia. Ma è anche il guscio, l’angolo, lo spigolo, la nicchia che, allo stesso tempo, la modella recuperando – aggiornandola – la funzione storica della scultura come decorazione, tassello a incastro di uno spazio preordinato. È qui che la materia inerte dei poveristi (Zorio in testa) viaggia verso inediti territori d’indagine, che riconsiderano, grazie a Gianfreda, il dialogo non solo fra materiali diversi, ma fra i materiali e lo spazio che li circonda e perfino il tempo determinato in cui questa “ospitalità” si attua. Proust, davanti a tale triangolazione sentimentale, sarebbe diventato matto. In verità, fu sufficiente la mutevolezza di Albertine a farlo sbroccare…
Gianfreda, no. Perché, ancora una volta, non ne fa una questione concettuale o semantica, ma totalmente formale. «Il pezzo è il pezzo; sta nello spazio e, se funziona, bene». Beata semplicità. Basta con le dietrologie, insomma. Quella di Gianfreda, per citare Testori, è pura “scultura-scultura”.

ALBERTO GIANFREDA, LA SCULTURA DIALOGA AL SUO INTERNO E SI AFFERMA NEL SUO SPAZIO
di Andrea B. Del Guercio

Il percorso espressivo di Alberto Gianfreda presenta i caratteri esemplari di un’attività di ricerca condotta con attenzione e rigore sul costante rapporto dialettico tra i materiali, il legno ed il ferro, la terra e il ferro, la pietra ed il ferro; tra la forma strutturale e l’energia aperta, tra il peso reale e la leggerezza delle emozioni, tra il tema della compattezza che stringe e racchiude e l’idea che svela; in questi anni l’attività ed il lavoro si sono caratterizzati attraverso un processo di acquisizione di esperienza e quindi lungo un consolidamento nella produzione sistematica dei materiale plastici e di configurazione delle opere, articolate tra soluzioni implose nella presenza magmatica della terra refrattaria od in rapporto con lo spazio e le funzioni concettuali della percezione.All’interno dei percorsi di ricerca e di produzione, hanno trovato spazio significativi momenti espositivi e soprattutto tangibili occasioni di committenza pubblica caratterizzate da forme di istallazione a carattere permanente; all’interno dei rapporti che intercorrono tra la sperimentazione dedicata ai linguaggi visivi della scultura ed ancora di fronte agli atti espressivi di progettazione e di verifica operativa tra la tangibilità estetica e le funzioni ad essa collegata, si è venuta a configurare la prima maturità di Gianfreda.
Ogni nuovo e recente momento espositivo, soprattutto se a carattere personale, cioè qualificato dall’occupazione autonoma dello spazio attraverso la scultura, hanno messo in evidenza e sottolineato il conseguimento esperienziale di un terzo dato tematico; lo spazio. Se la scultura nasce dalle interferenze tra due materiali e forme distinte ed autonome, tra valori diversi, tra nature contrastanti nella dialettica delle intenzioni, la cultura visiva di Gianfreda, cioè l’essenza della sua ricerca espressiva e la valenza estetica percepita dalla fruizione trova ragione e valore nella presenza dell’opera nello spazio, nel territorio percorso dallo sguardo e dal gesto, dal movimento verso la lettura della tridimensionalità.
Dalle piccole dimensioni dei materiali dialoganti alle grandi architetture sostenute e alleggerite dalla rete di relazioni, dal legno al ferro, dalla tavola al piombo, dalla superficie rotante alla definizione conclusa e inagibile di un’area, i valori in gioco subiscono senso e valore nella collocazione ambientale, si affermano all’interno dei processi di istallazione; ogni opera di questi ultimi anni dimostra di aver maturato all’interno dei suoi processi creativi la coscienza dello spazio e quindi l’esigenza di superare la dialettica interna per proiettarsi oltre, per affermare le relazioni, per cercare la trascrizione della sua natura artistica con la percezione estetica.
Tavole e ferri che si inseguono, materie serrate e ricucite tra di loro, che continuano a confrontarsi lungo un percorso insanabile ed inarrestabile, profondamente caratterizzato da una natura progettuale instancabile, perseguita con l’equilibrio della partitura musicale, attenta alla ricerca di sottolineature improvvise, acuti, e di nuovo movimenti che si arrovellano su se stessi; ovunque lo spazio lega il movimento della superficie, le sue dilatazioni e la sua distribuzione nel dialogo silenzioso delle materie povere, osservate con attenzione da Gianfreda. Nasce e si afferma una scultura che ha radici attente e colte nello spirito e nella volontà della ricerca contemporanea, che si apre al confronto con l’eredità analitica e che si afferma attraverso la centralità dei processi di elaborazione linguistica dell’arte.


ULTIMA MOSTRA:

29 GENNAIO - 26 MARZO 2014
“EARTHQUAKES”
DA APRILE LA PERSONALE PROSEGUIRÀ PRESSO IL MUSEO CANOVA A POSSAGNO (5 APRILE – 11 MAGGIO 2014)

Lo scultore Alberto Gianfreda è il prossimo artista ospite del progetto no-profit Banca SISTEMA ARTE, dedicato alla valorizzazione del patrimonio creativo dei giovani artisti italiani (www.bancasistemarte.it). Nell’ambito delle attività no-profit, infatti, Banca Sistema ha deciso di affiancare e promuovere il talento emergente in campo artistico e culturale, offrendo occasioni e canali privilegiati di visibilità – anche attraverso mostre periodiche presso le sedi di Roma e Milano – ai giovani che hanno scelto di intraprendere questo percorso. La prima mostra del 2014, che sarà inaugurata il 29 gennaio, è una Personale di Alberto Gianfreda e presenta una raccolta di sette grandi sculture e disegni inediti concepiti esclusivamente per gli spazi di Banca Sistema a Milano. Banca Sistema, con l’occasione, pubblica anche un catalogo bilingue (italiano e inglese) dell’esposizione a cura di Andrea Del Guercio, Direttore Artistico di OffBrera Milano, e con un contributo di Nicola Carrino. Il catalogo è stampato e distribuito da Vanillaedizioni. Il progetto espositivo si fonda sul contrasto tra l’età geologica del nostro pianeta, considerato giovane, e il nostro sistema sociale, inversamente vecchio e obsoleto, che però si trovano uniti da un destino comune: continue scosse, oscillazioni, crolli, rovesciamento dei piani. Da qui il titolo della mostra: “earthquakes”, ovvero terremoti. Di un terremoto non è possibile stabilire, se non alla fine, il momento di inizio, prevederne il termine o l’entità, e soprattutto l’esito. La mostra racconta quindi, attraverso un gruppo di opere inedite, i risultati di una “scossa” che ha generato sculture distanti dall’essere icone assolute ma la sola destinazione di un processo di trasformazione, manipolazione, alterazione di oggetti e materie. Marmo, terracotta, metallo, legno e tessuto sono alcuni dei materiali che caratterizzano le opere di grandi dimensioni esposte, insieme ai relativi progetti. La mostra è arricchita dagli scatti eseguiti dal fotografo Stefano Pasini, che ha stigmatizzato alcuni dei più intensi momenti di lavoro dell’artista. Dal 5 aprile 2014 la Personale prosegue presso il Museo Canova a Possagno (Treviso) negli spazi disegnati da Carlo Scarpa dove sono raccolti oltre 50 gessi originali del grande Maestro. L’esposizione in questa sede è il riconoscimento del lavoro eseguito da Alberto Gianfreda con la scultura “La veste”, vincitrice del concorso Antonio Canova 2012. Il premio -promosso dall’azienda Guerrieri Rizzardi- conta su una prestigiosa commissione composta da Gabriella Belli, direttrice della Fondazione Musei Civici di Venezia, dalla scrittrice Isabella Bossi Fedrigotti, dall’artista Nunzio Di Stefano, da Mario Guderzo, Direttore del Museo e della Gipsoteca Antonio Canova di Possagno (TV), dalla collezionista Giuseppina Panza di Biumo e da Francesco Stocchi, Senior Curator del Museum Boijmans Van Beuningen di Rotterdam. Il Comitato d’Onore è composto da artisti come Nicola Carrino, Pino Castagna, Eliseo Mattiacci, Arnaldo Pomodoro e Giancarlo Galan, presidente della Fondazione Canova. “La veste” è esposta anche a Milano, in occasione della mostra personale in Banca Sistema. La partecipazione all’inaugurazione (29 gennaio ore 19; c/o Banca Sistema, Corso Monforte 20 - Milano) è su invito o previo accredito a: newsroom@bancasistema.it o contattando la segreteria della mostra allo: 02 80280356. In seguito la mostra sarà visitabile solo su invito.

Banca SISTEMA ARTE
Nell’ambito delle attività no-profit, Banca Sistema ha scelto di dare vita a Banca SISTEMA ARTE, un progetto dedicato all’Arte e al patrimonio creativo dei giovani artisti italiani, valorizzandone così il talento emergente in campo artistico e offrendo loro canali privilegiati di visibilità. Il progetto, nato alla fine del 2011, offre agli artisti la possibilità di esporre le proprie opere nelle sedi della Banca di Milano e Roma: un appuntamento di rilievo durante il quale sono promosse la creatività e l’operato di ogni artista attraverso una nuova logica di sostegno che mira ad accrescerne le potenzialità.
www.bancasistemarte.it www.facebook.com/bancasistemarte
Relazioni con i Media: Anna Mascioni Tel. +39 02 802801
E-mail newsroom@bancasistema.it


BIOGRAFIA
Alberto Gianfreda nasce a Desio (MB) nel 1981. Nel 2003 si diploma in scultura all’Accademia di Belle Arti di Brera, dove si specializza nel 2005 in Arti e Antropologia del Sacro. Nel 2007 completa la sua formazione al TAM (trattamento artistico metalli), sotto la direzione artistica di Nunzio e la presidenza di Arnaldo Pomodoro. Dal 2005 collabora con l’Accademia di Belle arti di Brera di Milano presso la quale è attualmente docente di Formatura, tecnologia e tipologia dei materiali. Dal 2002 partecipa a numerose collettive tra le quali la Biennale di Scultura della Regione Piemonte, Realpresence 8 al Castello di Rivoli e vince il premio internazionale Canova e Open 13 che gli consente di accedere ad ArteLaguna alle nappe dell’arsenale di Venezia. Tra le personali recenti si segnalano Scultura, paesaggio e architettura allo spazio Heart di Vimercate nel 2012 e Frequenze presso la Leo Galleries di Monza nel 2010. Tra le opere pubbliche più significative è da segnalare la cultura-braciere per il Duomo di Monza e quella nella collezione pubblica del MIC (Museo Internazionale della Ceramica di Faenza) o a Palazzo delle Paure (Museo Arte contemporanea di Lecco). È del 2012 la collaborazione con l’architetto Stefano Larotonda per un progetto architettonico/scultoreo presentato al Laboratorio Casabella di Milano in occasione del concorso Giovani architetti grattano il cielo da qui l’invito a collaborare con l’istituto internazionale di ricerca per l’architettura i2a.

Per ulteriori informazioni: 
www.albertogianfreda.com
info@albertogianfreda.com


Immagine: Alberto Gianfreda, Studio per una Corona, 2010, tecnica mista su carta, cm 33x48. L'opera è stata gentilmente donata dall'artista ad ACC Associazione Culturale Creativa per la raccolta fondi promossa in favore e a sostegno delle attività di ASC Arte Sacra Contemporanea mediante la lotteria a premi "Dona, Gioca, Colleziona Arte" che si è tenuta nella primavera 2013.







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